Project management

Gestione clienti: quando è ora di lasciarli andare

Benvenuti nel fantastico mondo della gestione clienti.

Dove lasciare andare il tuo cliente più redditizio diventa una sorta di sport estremo!

In questo articolo, mi rivolgo a voi, intrepidi amministratori di aziende di consulenza, agenzie web, e a voi, coraggiosi freelance del digitale, che vi ritrovate incatenati a un cliente importante solo perché fa comodo al portafoglio.

Capisco la vostra lotta interiore, quella danza tra il desiderio di libertà e il timore di perdere i soldi.

Parliamoci chiaro: imparare a gestire i clienti è più difficile che scalare l’Everest in ciabatte, e nessun guru vi potrà insegnare come fare fino in fondo.
È per questo che condividere esperienze come questa diventa essenziale.

gestione clienti

 

“Preparatevi, signore e signori, è ora di accendere i radar! 😅
Ecco una lista di segnali premonitori così evidenti che anche il più distratto tra voi non potrà ignorare.
È il vostro kit di sopravvivenza per anticipare i cambiamenti nefasti nelle vostre relazioni professionali.
Aguzzate la vista e siate pronti a cambiare rotta prima che sia troppo tardi.

 

  1. Ma quanto ci tieni? – Il dilemma economico

    Ricordate il 2021? Anno fantastico, vero? Per noi di Strateg.ee è stato un anno da record: abbiamo fatto più soldi che mai, ma abbiamo anche detto “arrivederci e grazie per il pesce” al nostro cliente più remunerativo.
    Perché? Oh, semplici ragioni di stomaco: non sopportavamo più le sue richieste assurde e le continue aspettative irrealistiche.
    Ma voi non fate così, eh? Tenetevi stretti quei clienti che pagano bene, anche se vi tocca ascoltare le loro bizze 24/7!

  2. Il cliente, in un tripudio di presunzione, assume che il vostro unico ruolo sia di stare in disparte e annuire.

    Peccato che non vi coinvolga nelle decisioni che contano!
    Invece, voi, valorosi consulenti, bramate ardentemente di essere coinvolti, di sentire il brivido di essere parte integrante della crescita del cliente.
    Ma no, sembra che per loro siate solo un arredo piacevole ma non indispensabile nella stanza del successo.

  3. Il classico segreto di Pulcinella: il cliente tiene per sé i suoi piani di crescita come fossero la formula segreta della Coca-Cola.

    Che ne sarà di loro tra un anno, due, tre? Chissà! È un mistero più fitto della trama di un giallo.
    E voi, poveri consulenti, restate all’oscuro, a indovinare e a sperare, mentre il cliente traccia il suo cammino glorioso verso il successo (o forse no), dimenticandosi che anche voi avreste qualcosa da dire, soprattutto quando si parla di qualcosa di più che semplici numeri di fatturato.

  4. Ah, ecco la classica paranoia: il cliente teme che voi, maliziosi consulenti, possiate trasformarvi in pettegoli di quartiere, divulgando ogni segreto aziendale ai vostri altri clienti.

    Come se non aveste di meglio da fare che trasformare le loro preziose informazioni in gossip da caffè.
    Questa mancanza di fiducia è quasi commovente nella sua assurdità, quasi come se foste agenti segreti piuttosto che professionisti seri

  5. E poi c’è l’eterna sfiducia sul lavoro del consulente, una specie di gioco del gatto col topo dove il cliente si trasforma in un ispettore capriccioso.

    Ogni passo che fate, ogni respiro che prendete, sotto il microscopio dei loro controlli incessanti.
    Le vostre vittorie? Ignorate. I traguardi raggiunti? Invisibili.
    Sembra quasi che preferiscano fare da babysitter al vostro lavoro piuttosto che riconoscere la qualità e i risultati ottenuti.
    Ah, la gioia di essere costantemente sottovalutati!

  6. Benvenuti nel magico mondo della responsabilità a senso unico.

    Quando tutto va a gonfie vele, oh, è tutto merito del cliente, un vero genio dell’innovazione.
    Ma attenzione, appena qualcosa si tinge di grigio, indovinate un po’? È colpa del consulente, naturalmente!
    Non importa quanto siate bravi o quanti sacrifici abbiate fatto, in questo gioco il consulente è sempre il cattivo della situazione.
    Un classico esempio di ‘testa io vinco, croce tu perdi’.

  7. La dolce illusione del cliente che pensa che il consulente sia anche un formatore onnicomprensivo, pronto a istruire il suo personale a titolo gratuito.

    Come se il tempo e l’esperienza del consulente fossero un buffet all-you-can-eat a disposizione dell’azienda.
    Non importa se non c’è un accordo economico, o se le aspettative sono nebulose come la nebbia di Londra.
    Per loro, sembra che il consulente sia una sorta di Mary Poppins aziendale, sempre pronto a risolvere ogni problema senza aspettarsi nulla in cambio.

  8. L’arte perduta di ascoltare i consigli del consulente!

    In un mondo ideale, i suggerimenti del consulente, offerti con la purezza di un monaco e senza secondi fini, sarebbero accolti a braccia aperte.
    Ma nella realtà? Sono come grida nel deserto.
    I clienti annuiscono, sorridono e poi… nulla.
    I preziosi consigli cadono nel vuoto, ignorati e dimenticati, come se il consulente parlasse una lingua sconosciuta anziché dispensare saggezza professionale.

  9. Accogliamo con un sorriso ironico la classica noncuranza del cliente riguardo ai tempi di consegna.

    Documenti, informazioni, materiali essenziali arrivano con la puntualità di un treno in ritardo, lasciando il povero consulente a rimediare come può.
    E così, voi, eroi della consulenza, vi trovate a giocare a Tetris con le scadenze, cercando disperatamente di recuperare il tempo perduto, spesso senza un centesimo in più nel portafoglio.
    Perché, ovviamente, i ritardi non sono mai colpa vostra, ma indovinate un po’ chi si ritrova a pagare il prezzo in termini di tempo e fatica?

  10. Benvenuti nel caos creativo del cliente che tratta il brief di progetto come una fastidiosa formalità.

    Per lui, dedicare tempo a scrivere un brief chiaro ed esaustivo è un lusso inutile.
    Così, cari consulenti, vi ritrovate ad affrontare il mare agitato di un progetto senza bussola né mappa.
    Mentre il progetto è già in pieno svolgimento, il cliente vi lancia un laconico ‘Inizia con le campagne…’ con la nonchalance di chi ordina un caffè al bar, lasciandovi a navigare nell’incertezza, armati solo della vostra intuizione e del buon senso che, si spera, non vi abbandoni mai.

  11. Accogliamo con un sorriso forzato l’eterna insoddisfazione del cliente, un vero critico d’arte quando si tratta di valutare il lavoro del consulente.

    Ogni offerta, proposta o consegna viene scrutata con occhio clinico e un pizzico di disprezzo, come se cercasse il difetto nascosto, il pelo nell’uovo.
    Questa insoddisfazione, talvolta sottile e talvolta palese, fluttua nell’aria come un profumo poco gradito, rendendo ogni interazione con il cliente un esercizio di pazienza e autocontrollo degno di un monaco zen.

  12. La magia della confusione di ruoli: il cliente, con un atto di creativa reinterpretazione, trasforma la Social Media Manager in una grafica on-demand.

    Per lui, è come avere un’artista privata pronta a soddisfare ogni capriccio visivo, ignorando allegro il fatto che il suo vero ruolo è ben diverso.
    È un po’ come aspettarsi che il giardiniere si metta a cucinare la cena, perché tanto, è sempre ‘lavoro con le mani’, vero?
    Così, la povera Social Media Manager si ritrova a fare da tuttofare grafico in un teatro dell’assurdo dove le etichette professionali vengono rimescolate a piacimento.

  13. Ed ecco un altro esilarante malinteso professionale: il cliente, in un abbaglio di genialità, decide che la Web Analyst, esperta in dati e tendenze online, è in realtà una segretaria amministrativa pronta a soddisfare ogni sua minima esigenza.

    Con un’impressionante acrobazia mentale, la trasforma in una sorta di assistente tuttofare, capace di districarsi tra analisi web e mansioni amministrative con la stessa disinvoltura. È come se il cliente vedesse un pilota d’aereo e pensasse: ‘Ah, ecco chi può parcheggiare la mia auto!’.
    Così, la Web Analyst si ritrova a fare i salti mortali in un circo di incombenze che poco hanno a che fare con il suo vero mestiere.

  14. La tragicommedia degli accordi commerciali: il cliente, con un tocco di maestria, coinvolge il consulente solo quando si tratta di parlare di percentuali sul venduto.

    Ma aspettate, c’è un colpo di scena! Nonostante l’accordo, il consulente viene elegantemente escluso da qualsiasi decisione commerciale rilevante.
    È un po’ come invitare qualcuno a una festa e poi chiuderlo fuori dalla sala da ballo.
    E così, mentre il cliente si lancia in audaci mosse di mercato, il consulente rimane a guardare da dietro il vetro, a contemplare il teatro delle decisioni da cui è stato estromesso.

  15. In un atto di paranoia degno di un film thriller, il cliente tiene il suo direttore commerciale ben lontano dal consulente.

    Il timore? Che il consulente possa trasformarsi in un ladro di idee, diffondendo segreti commerciali nei più oscuri angoli del mercato.
    È come se il cliente credesse che il consulente stia pianificando un colpo alla ‘Mission Impossible’, pronto a rubare strategie e fuggire nell’ombra.
    Così, il povero consulente viene tenuto all’oscuro, come un agente segreto in pensione, mentre il direttore commerciale rimane un mitico personaggio di cui si sente parlare, ma che mai si incontra.

  16. In un gioco di mistero degno di Sherlock Holmes, il cliente tiene ben nascosta la gestione dei suoi altri canali di vendita dal consulente.

    Si tratta di un segreto custodito gelosamente, come la trama di un romanzo inedito.
    Se ci sono canali digitali, negozi fisici o venditori ambulanti coinvolti, il consulente può solo indovinare.
    È un po’ come cercare di completare un puzzle con la metà dei pezzi mancanti.
    Così, mentre il cliente orchestra la sua sinfonia di vendite su più fronti, il consulente rimane al buio, a tentoni nel labirinto delle strategie di vendita non condivise.

  17. In un tripudio di presunzione, il cliente decide di tenere il consulente all’oscuro di dettagli cruciali come il pricing e il posizionamento dei prodotti.

    La logica? ‘Il consulente non capisce niente dei miei prodotti, lui deve solo pensare a come venderli’.
    Questa mentalità ristretta trasforma il consulente in una sorta di venditore automatizzato, privo di input e comprensione dei prodotti che sta promuovendo.
    È come chiedere a un pilota di volare un aereo senza dirgli la destinazione o il tipo di aereo che sta pilotando.
    Un approccio tanto assurdo quanto inefficace.

  18. Con una strategia degna di un gioco di spie, il cliente si immerge nell’analisi della concorrenza, escludendo deliberatamente il consulente.

    Il timore? Che il consulente possa accaparrarsi una lista di potenziali nuovi clienti, come se non ne avesse già una propria.
    È una sorta di paura atavica, che ignora il fatto che coinvolgere un esperto potrebbe effettivamente portare a una migliore comprensione del mercato.
    Il risultato? Il cliente si trasforma in un detective solitario, mentre il consulente resta a guardare da lontano, con un misto di divertimento e disappunto.

  19. In un sorprendente atto di ‘pulizia digitale’, il cliente cancella ogni traccia della collaborazione con il consulente.

    Il motivo? Una paura quasi paranoica che i competitor possano avvicinarsi al consulente, cercando di diventare i nuovi clienti.
    Così, via ogni firma dal sito web, proibito menzionare la case history in eventi pubblici, il tutto mascherato da ‘segreti industriali’.
    È una sorta di gioco del gatto con il topo, dove il cliente pensa di essere astuto, ma in realtà si comporta come chi copre il sole con un dito, ignorando che le collaborazioni di successo dovrebbero essere motivo di orgoglio, non di timore.

  20. In un teatro dell’assurdo degno di un premio, il cliente non fornisce al consulente referenti adeguatamente formati e disponibili.

    Sembra quasi uno scherzo: il referente, magari presentato come un project manager o addirittura come direttore marketing, in realtà è così oberato di altre mansioni (tipo rispondere al centralino) da non avere un minuto da dedicare al consulente.
    È come se ti dessero una mappa per un tesoro, ma poi scopri che è disegnata su un tovagliolo di carta con metà delle indicazioni mancanti.
    Così, il povero consulente si ritrova a navigare in acque sconosciute senza un capitano affidabile.

Ciò che ci resta da questa esperienza è una comprensione profonda delle conseguenze economiche della nostra decisione e la consapevolezza che solo il tempo rivelerà la sua vera saggezza.

Mi trovo in uno stato di contrasto emotivo: una parte di me è affranta, l’altra serena.
È un sentimento complesso, ma spero che condividendo questa mia esperienza, possa offrire un faro di comprensione e solidarietà a chi si trova di fronte a scelte simili.
Forse, proprio queste decisioni difficili ci rendono più saggi e abili nella delicata arte della gestione clienti.

In conclusione, cari lettori, la gestione clienti è un viaggio pieno di sorprese, sfide, e a volte, decisioni difficili.
Ricordate, non tutti i clienti sono giusti per voi, e non siete giusti per tutti i clienti.
La chiave sta nel trovare quell’equilibrio perfetto tra soddisfazione professionale e personale, tra crescita economica e benessere mentale.

Siate coraggiosi nelle vostre scelte, flessibili nei vostri approcci e sempre aperti a imparare.
Perché alla fine, ogni cliente, buono o cattivo, vi insegna qualcosa di prezioso sulla gestione clienti e su voi stessi.

 


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