Rebranding significato: cos'è e perché si fa

Per rebranding si intende la rivisitazione più o meno radicale del brand.

Il Brand – o, come qualcuno sostiene, la Brand – è certamente uno degli oggetti di maggiore fascino del ricco portafoglio di asset governati dal marketing. A seconda del player considerato, il suo peso può variare anche molto: a un estremo il brand si risolve in un mero artificio grafico-verbale; all’altro sovrasta decisamente il prodotto e diviene il braccio della relazione con i clienti. “Tutte le imprese hanno un marchio, poche una marca” è una frase che ben sintetizza il continuum sopra rappresentato.

Rebranding significato

Il rebranding è un’operazione di gestione straordinaria della marca: solitamente è la conseguenza di un accadimento strategico rilevante ed eccezionale, come un’acquisizione (Vodafone-Ominitel), una fusione (Wind-H3G), o un riassetto (Telecom Italia-Tim).
Succede qualcosa di grosso in casa, insomma, in conseguenza del quale non si può più andare in giro con le medesime vesti di prima: occorre darsi un abito e un tono nuovi.

Si rinnova la marca, e questo fatto potenzialmente irradia effetti sull’intero arco dei soggetti (concorrenti e stakeholder) e dei processi – innovazione d’offerta, relazione, ecc… – che formano le relazioni di mercato dell’impresa.

Due accademici, Muzellec e Lambkin, osservando 166 casi di rebranding hanno concluso che il processo può assumere diversa natura in relazione a due dimensioni di cambiamento:

  1. Marketing Aestethics
    Un cambiamento di natura superficiale, sostanzialmente apportato solo a componenti estetiche – come i colori, il lettering o il logo – della marca (si pensi all’attuale logo ENEL)
  2. Positioning
    Un cambiamento più profondo, che investa la formula di valore e il posizionamento competitivo (si pensi al nuovo logo Juventus, pensato guardando ai mercati asiatici).

In ragione di queste due condizioni, considerate assieme, il rebranding può assumere rango minimalista – gli autori parlano di rebranding evolutivo – o universale, e parlano allora di rebranding rivoluzionario.

Altri due accademici, Daly e Moloney, hanno analizzato il percorso che dal vecchio brand conduce al nuovo e si sono accorti di quattro situazioni differenti:

  1. Interim/Duale
    Si passa per un periodo di coesistenza dei due (Omnitel e Vodafone)
  2. Prefisso
    Nella fusione fra due brand, il nuovo brand accompagna brevemente i due precedenti
  3. Sostituzione
    Si passa dal vecchio al nuovo senza interregno (TIM verso Telecom Italia)
  4. Amalgamazione
    Il nuovo brand lega assieme i due precedenti (Wind e 3)

 

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Rebranding aziendale: cause ed esempi

I motivi che portano un’azienda a cambiare vesti, in maniera più o meno profonda, possono essere molteplici. Sicuramente non è mai una decisione presa a cuor leggero perché il rebranding porta con sé dei rischi. In particolare è inevitabile che si generi confusione nel consumatore.

Crisi reputazionale

Esempi di crisi di brand reputation se ne possono trovare a centinaia, purtroppo. Se pensiamo alle sole crisi reputazionali dovuti ad errori nella comunicazione, si possono portare gli esempi di Patrizia Pepe, Dolce e Gabbana, De Cecco, la Molisana. In tutti questi casi le aziende hanno trasmesso valori negativi, non condivisibili dal proprio target di utenti.

La conseguenza di una crisi reputazionale è la perdita della fiducia da parte della propria clientela. Quindi la soluzione non può essere quella di cambiare logo, o nome, ma deve essere più radicale: si tratta di cambiare approccio, di sposare una mission e portarla avanti in concreto, per riconquistare le proprie buyer personas

Questo vuol dire adottare un nuovo modo di comunicare, ma spesso vuol dire anche intervenire sul proprio processo lavorativo. Un esempio in tal senso è quello della Nike, colpita ormai anni fa dallo scandalo dello sfruttamento del lavoro minorile nei Paesi poveri, ha dovuto rimettere in discussione il proprio processo di lavoro. Altro esempio è Zara, che ha risposto allo stesso tipo di crisi reputazionale sposando la mission dell’ecologia.

Alle crisi reputazionali spesso non c’è soluzione: l’unica cosa da fare è compensare attraverso azioni lodevoli che forse possono far dimenticare lo scandalo. Solo il tempo può dire se la tecnica funziona oppure no.

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Problemi di ordine legale

Ad esempio nel caso in cui si sia utilizzato per il naming o per il logo un marchio simile ad uno già registrato. Non è detto che la questione del rischio di concorrenza sleale sorga fin dall’inizio della costituzione del brand. Può succedere che due aziende trattano beni inizialmente diversi, ma poi uno dei due decide di ampliare il settore di produzione andando a diventare competitor. A quel punto si può essere chiamati in causa per la richiesta di cessazione d’uso del marchio simile a quello registrato.

In questo caso è sufficiente un cambiamento nell’estetica del brand: nome o logo. Ma il fatto che il cambiamento non coinvolga il posizionamento, non significa che sia poco dispendioso e poco rischioso.

La confusione nella mente del consumatore si genera comunque, quindi è necessario pensare ad una strategia di comunicazione omnichannel, che preceda e che segua al cambiamento.

Crescita dell’azienda

Che spesso si traduce, come abbiamo visto, in acquisizioni o fusioni con altre aziende. In questi casi le decisioni da prendere sono molte, e dipendono anche dalle quote che spettano ad ogni azienda all’interno del nuovo brand.

In realtà il focus deve essere uno soltanto: quanto cambia la situazione in termini di posizionamento? Se il target a cui ci rivolgiamo rimane lo stesso, o si amplia, è opportuno non fare un cambio radicale nella brand identity. Questo comprende slogan, logo, tone of voice.

Quello che quasi sempre cambia è il naming, che agli occhi del consumatore è un cambio radicale. Se il cuore delle aziende che si fondono però rimane lo stesso, allora questo cambio importante deve essere compensato con una strategia comunicativa chiara e precisa.

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Svecchiamento

Prima del rebranding c’è il branding. Il branding è un processo lungo e complesso che riguarda

  1. la creazione e il consolidamento di una brand identity. Con questa espressione si intende tutta quella attività che porta alla creazione degli elementi che identificano il brand: dai valori, alla marca, fino ai prodotti. Ovviamanente prima ancora di questa fase c’è quella di posizionamento: la scelta della nicchia di mercato in cui l’azienda aspira a diventare leader.
  2. la brand knowledge: tutte le strategie di comunicazione messe in atto dall’azienda per farsi conoscere.

Il ciclo di vita di un’azienda è fatta di 4 fasi:

  1. nascita
  2. sviluppo
  3. maturità
  4. declino

Nelle prime 3 fasi non si finisce mai di mettere in atto strategie per consolidare la brand identity. È nel momento in cui si arriva alla maturità che spesso è necessario procedere ad un restyling che può essere più o meno profondo. Come abbiamo visto può essere semplicemente estetico o addirittura rivoluzionario, mantenendo però un continuum con la tradizione.

Esempi in tal senso sono Amazon, che ha svecchiato il logo rendendolo più minimale. MacDonald’s oltre a rivisitare il logo, utilizzando nuovi elementi visual che lo allontanano dalla percezione del fast food, avvicinandola a quella dei ristoranti, ha cambiato anche l’arredamento dei locali nella stessa ottica di trasformarli da fast food a casual restaurant, e introducendo i totem per le ordinazioni.

Le regole del gioco

L’esperienza del rebranding nelle Tel-Co mette in evidenza che si tratta di un processo

  1. Tecnico
    Che richiede la partecipazione di partner specializzati
  2. Orizzontale
    Che riconosce medesimo rango agli stakeholder esterni e interni
  3. Di medio periodo
    Fra progettazione ed esecuzione passano almeno due anni
  4. Orientato
    Il nuovo brand deve essere credibile (riconosciuto come competente), rilevante (in grado di orientare i comportamenti), differente (latore di una promessa distintiva), coerente (fra i touch point).

Last but not least, la trasparenza: rendere conto agli stakeholder delle ragioni del rebranding. Si ricordi: l’uomo è un animale conservatore di natura. Diffida delle novità se non accuratamente presentate e spiegate.
Una lezione che i marketer sempre devono tenere presente.


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